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Società di Scienza Parole, Fatti e Misfatti

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Gli scheletri dell'implantologia sommersa

Quando uscirono i primi trattamenti di superficie, la prima cosa che mi venne in mente fu che tali superfici si sarebbero inquinate alla velocità della luce. Ciononostante nessuno si fermò. Anzi. Tutti andavano verso quel baratro con una ostinazione che mi pareva folle. Resistetti alle richieste del mercato sin quando potei, ma il calo delle vendite e le continue critiche di obsolescenza alla fine mi convinsero nel 2011, ma dovrei dire costrinsero, ad introdurre il trattamento di superficie anche sul mio impianto. Mi piegai obtorto collo ad una cosa che continuavo a ritenere pericolosa e, almeno per il mio impianto, inutile e controproducente per l'aumento di attrito che avrebbe determinato. Così ricorsi ad un trucco: feci fare il trattamento di superficie più leggero e delicato possibile e limitatamente al medio apicale dell’impianto, come si vede nella foto 1.

  FOTO 1

 

Come si vede è un trattamento di superficie veramente molto delicato e limitato. Non volevo assolutamente perdere il vantaggio, vanto dell'implantologia italiana da sempre, di avere un tasso di perimplantiti talmente basso da risultare statisticamente insignificante. Qualche anno dopo, Simion cominciò a tuonare contro e superfici trattate e poco dopo uscì il suo impianto, udite udite, con trattamento di superficie solo nella metà apicale e il resto macchinato! Ancora una volta l'implantologia italiana insegnava al mondo intero.

Ma Simion, pur senza riconoscere a noi, come al solito, la paternità dell'idea, ha evidentemente messo in moto un movimento franoso che porta oggi ad una drammatica quanto obbligatoria caduta del miracoloso trattamento di superficie, e, finalmente, il problema della tanto trascurata perimplantite. Dico trascurata e lo dico a ragion veduta, ma è una verità parziale. La perimplantite in realtà ha suscitato un'infinità di ricerche su come trattarla, gestirla, curarla ma, stranamente, nessuno studio statistico. Strano, non è vero? Ci si è affannati a curare una patologia senza alcun studio epidemiologico. Io ho cercato per anni una statistica ufficiale sulle perimplantiti ma niente. Come se non esistessero, però ci si affannava a trovarne una possibile praticabile terapia. Poi l'articolo di Lindhe cadde come un fulmine a ciel sereno: il 75% di mucositi e il 56% di perimplantiti (valori massimi, ma vado a memoria). Il sistema vacillò: ricordo una conferenza della Strohmenger ad un eventoin cui ero io stesso relatore. Era una conferenza allarmata e tesa che dava l'allarme e poneva gravi interrogativi ma ancora il collegamento  tra trattamento di superficie e perimplantite, stranamente, non si manifestava.  Ma poi la coltre del silenzio si stese nuovamente su tutto. POi venne Simion col "suo" impianto antiperimplantite e il suo atto formale d'accusa. E ora questo. Un articolo al riguardo sul Dentista Moderno.  I segnali si moltiplicano e ormai sarà difficile che torni a calare il sipario della dimenticanza.

Ma io non posso evitare di considerare che quando nel lontano 2001 scrissi il Manifesto della Bioimplantologia denunciando tutte le incongruenze e le falsità e la carica iatrogenica di un certo credo implantologico raccolsi un tiepidissimo consenso. E tiepidissimo è un eufemismo. Le menti intorpodite e condizionate da indiscutibili protocolli internazionali tutti scientificamente validati, si chiusero. E passarono altri 15 anni.

E ora buona lettura.

 Implantologia, le complicanze nel tempo

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